ECHOES

echoes

10 febbraio 2018

Ore 21:00

Teatro della Limonaia – 10 febbraio ore 21

di Lorenzo De Liberato 
regia Stefano Patti
con Marco Quaglia e Stefano Patti
voce di “Programma” Giordana Morandini
disegno luci Paride Donatelli
scene Barbara Bessi
costumi Marta Genovese
suono Matteo Gabrielli
assistente alla regia Cristiano Demurtas
progetto grafico Simone Ferraro e Martina Mammola
progetto sostenuto da Carrozzerie n.o.t
residenza produttiva 2015/16 Teatro Studio Uno

 

In un futuro distopico e vicino a noi la terra è ormai divisa in grandi blocchi governativi. Non esiste la democrazia come la conosciamo. Non esiste l’umanità come la intendiamo oggi. Una bomba è stata sganciata in un agglomerato urbano. Sono morti un milione di persone. Un giornalista, De Bois, intervista il  responsabile di questa carneficina, il misterioso Ecoh.  La  domanda è semplice  e   precisa:  Perché? I due personaggi sembrano molto lontani eppure forse non lo sono. Da un lato abbiamo chi rappresenta il potere e dall’altro chi lo combatte. Da questo incontro nascerà uno scontro che arriverà a far sì che i due protagonisti non riconosceranno più in un buono e in un cattivo ma tenderanno a fondersi.

In un’epoca, simile a quella in cui viviamo, straziata da terrorismo e guerre, cosa possono dirsi due uomini coinvolti in prima  persona  ai  vertici  di  questa  crisi? Echoes offre al pubblico la possibilità di essere spettatori di un dialogo che probabilmente non ascolteremo mai.

Quello che mi ha colpito del testo di Lorenzo De Liberato è l’appassionata crudeltà con cui i due protagonisti (anche se preferirei definirli ‘mondi’) si studiano, si attaccano, si divorano all’interno della griglia drammaturgica del “thriller”: un bunker, una crisi economica, un’intervista, uno sterminio. La ricchezza di temi come l’Amore, il Potere, l’Economia e la Religione presenti in Echoes permette un’interessante analisi sull’uomo e soprattutto delle sue paure. La paura porta Ecoh a imporre il passaggio di testimone a De Bois: i due opposti diventano così tragicamente complementari. Il bunker, luogo affascinante e oscuro dove è ambientata la vicenda, rappresenta per me un ring, una scacchiera, un set televisivo dove avviene il massacro, principalmente dialettico. L’opera diventa così un avvicinamento pauroso verso un burrone durante il quale Ecoh e De Bois si interrogano su quale debba essere la “soluzione” a questa crisi; ma parliamo davvero di crisi economica? Oppure quello di cui si sta veramente parlando è una “crisi” di relazioni, di ideali e di obiettivi? Diveniamo così spettatori di un urlo disperato dove l’unico interlocutore è una eco fredda e distaccata.

Stefano Patti

 

 

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