Barbara Nativi, regista, attrice, traduttrice, insegnante, autrice, teatrante.
Entrata nel mondo del teatro alla fine degli anni Settanta, si è ben presto occupata di formazione teatrale attraverso cui dette spinta a molti giovani talenti. Il suo vero percorso verso il teatro del futuro iniziò però nel 1988, quando insieme ai suoi compagni fondò a Sesto Fiorentino il Teatro della Limonaia e mise sulle rotaie il primo Festival Intercity, dedicato ogni anno a una diversa città del mondo, e che ancora prosegue il suo percorso di conoscenza e diffusione del nuovo teatro contemporaneo internazionale.
Molte sono le opere che ha scritto, e tante quelle che ha tradotto e messo in scena. Forse lo spettacolo che resterà per sempre nella memoria di chi l’ha visto è Le Cognate di Michel Tremblay, che è rimasto in tournée per ben 6 anni e che nel 2016 – durante la 29° edizione del Festival Intercity – viene riproposto a più di quindici anni dalla sua ultima replica a Montréal.
L’impegno di Barbara per il teatro è stato premiato nel 1996 con il Premio della Critica dell’Associazione Nazionale Critici Teatrali “per il complesso della sua attività di regista, scrittrice e operatrice culturale nell’ambito della ricerca teatrale”; poi nel 1997 ritira il Premio Ubu per il Festival Intercity “per un decennio di scoperte e di incontri con la nuova drammaturgia non solo europea”. Nel 2000 riceve il Premio Fiesole “per il suo lavoro di commediografa, regista e formatrice di nuovi attori”, e nel 2002 ritira il Premio Ubu per Sarah Kane per il testo Crave, che ha tradotto e diretto.
Nel 2004 viene nominata Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero della cultura francese.
Forse senza di lei non avremmo mai conosciuto Sarah Kane, né Rodrigo Garcia, né Marc Ravenhil… forse senza di lei il teatro di oggi sarebbe stato più povero.
Con Barbara abbiamo lavorato, creato e vissuto insieme per un periodo troppo lungo, 19 anni, perché io adesso abbia le idee chiare nello scrivere queste due righe. Sembra a me un momento più surreale che reale.
Tutto era Barbara. Barbara non aveva limiti. Sapeva fare qualsiasi cosa, perfino montare i fari. Faceva tutto con immenso amore ed è con lo stesso amore che io da allora continuo il nostro progetto artistico.Dimitri Milopulos
Come i grandi rappresentanti della drammaturgia italiana del secondo Novecento, Eduardo De Filippo e Dario Fo per nominare i due principali, Barbara Nativi fu donna di teatro integrale, a tutto tondo: autrice, regista, attrice, organizzatrice, gestore di compagnia. E si può dire che tutte queste competenze siano nate ad un parto, e che si siano incrociate e fecondate reciprocamente per tutto il corso della sua carriera. Ma, più di loro, fu anche operatrice culturale ed editoriale, traduttrice. E anche, forse soprattutto, maestra.
Cesare Molinari
Solo per amore si può svolgere una massa di attività come quella messa in moto da Barbara in pochi anni, in una sorta di furiosa corsa a ostacoli contro il tempo. La sua adesione al teatro era così totalizzante da non permettere di isolare una funzione principale in questo suo darsi, se concedere la preminenza all’autrice, alla regista, all’attrice, alla traduttrice, alla maestra di attori, alla talent scout sempre a contatto con giovani da crescere e istruire nutrendosi dei loro fermenti, in un’ansia di comunicazione per cui non smetteva di organizzare spettacoli, corsi preparatori, manifestazioni, festival, conferenze, pubblicazioni, scovando nuovi drammaturghi italiani o andandoli a cercare all’estero con l’ansia frenetica e coinvolgente di sprovincializzare la nostra scena, instancabile com’era nel creare inedite realtà in movimento, anche a breve, anche senza mezzi, E ci riusciva: perché aveva il fiuto, la resistenza e una capacità di persuasione che costringeva chiunque a cederle, voglio dire a crederle.
Franco Quadri